24 ore in Bahrein con la Ferrari

by - 3/17/2009 09:50:00 p.m.

Il 29 marzo, in Australia, parte la nuova sfida della F60. Abbiamo seguito piloti, ingegneri e meccanici nella messa a punto finale sulla pista araba. Da un'alba all'altra

Immaginate un costante vortice di sabbia, che colora tutto di giallo e vi dà la strana impressione della nebbia in Val Padana nel deserto. Poi, immaginate un altro vortice, questa volta rosso, che per 24-ore-24 smonta, aggiusta, rimonta; analizza grafici, dati, monitor; corre, si riunisce, affronta imprevisti con l’obiettivo di cancellare l’imprevisto dalla propria vita. Immaginate una squadra che lavora in assoluto sincrono, come un corpo di ballo, il meccanismo di un orologio, un’équipe di medici in sala operatoria. Immaginate il vortice rosso che si muove frenetico, ma senza dare l’idea del disordine: agitarsi sarebbe una perdita di efficienza, pensare a cosa fare anche. E infatti la maggior parte dei movimenti scatta in automatico. Alla fine della giornata, l’impegno è stato così assoluto, le intelligenze in campo così tante, il metodo di lavoro così rigoroso, che si tende a dimenticare come lo scopo di tutto sia far andare veloce una macchina. Ovviamente non una qualsiasi, ma la Ferrari F60, quella che il 29 marzo debutterà in Australia e proverà a conquistare il Mondiale. Il lavoro di queste ore è decisivo. Se per stanchezza, intuizioni sbagliate, errata lettura dei dati, si prende una cattiva strada, le conseguenze saranno pesanti. Da quest’anno i test a stagione iniziata sono vietati: ecco perché ogni giorno prima dell’Australia è un giorno essenziale.

Ore 5: nella hall dell’hotel Ritz Carlton di Manama, capitale del Bahrein, ci sono solo loro, gli uomini in rosso, le truppe mandate in avanscoperta per raggiungere il circuito di Al Sakhir. Chi sono? Lo spiega Francesco Uguzzoni, il capo meccanico: «I primi ad arrivare sono i gommisti: alle 5.30 sono in pista». Alla loro macchina si affianca un furgoncino di soldati in divisa: sembrano due reggimenti diretti alle rispettive esercitazioni.

Ore 6: mezz’ora dopo si presenta il resto della truppa. L’umore è buono: dopo due giorni buttati per colpa della tempesta di sabbia, finalmente si può correre. «Io, il capo macchina, due meccanici della vettura, un meccanico motorista e un cambista ci occupiamo delle prime procedure e completiamo l’avviamento della vettura - continua Uguzzoni -: ci vuole circa un’ora». Prima delle 7 arrivano tecnici e ingegneri.

Ore 7.30: cornetto, pane, prosciutto, tè e caffè: gli ultimi arrivati fanno colazione. Un team di Formula 1 è una tartaruga che ha sempre la propria casa con sé, cucina compresa. Se la casa sta in piedi è merito di Maurizio Balocchi, il responsabile della logistica, l’uomo che ha prenotato gli alberghi, spedito tonnellate di materiale, trovato un maxischermo per vedere il derby Inter-Milan, e che ha già in mente tutti i movimenti di uomini e cose da qui alla fine della stagione. Nella stanza accanto Kimi Raikkonen, che è il pilota che dovrà guidare oggi, mangia latte e fiocchi d’avena mentre il suo ingegnere di pista Andrea Stella gli spiega il programma della giornata.

Ore 8.15: dentro ai box vien voglia di diventare trasparenti, cercarsi un angolino per non disturbare. Ci si sente come degli imbucati a una festa in cui non si conosce nessuno. Grazie alle cuffie intercettiamo il dialogo tra Stella e Raikkonen. Il pilota finlandese entra in macchina e si lamenta del sedile: quando il telaio è nuovo c’è sempre qualche millimetro da limare. Si parte. «Ok Kimi: il Kers è attivo, dai potenza per un secondo». Stanno parlando della grande novità della F1, quella che non fa dormire gli esperti: il sistema che recupera l’energia cinetica in frenata e la trasforma in un surplus di potenza. Certi giri il sistema va ricaricato, certi altri l’energia immagazzinata è troppa («No charge Kimi», «non caricare »), altri ancora la spinta è pronta («Hai tutta la potenza, usala nell’ultima curva»). Quando la vettura rientra ai box i meccanici aspettano di sentirsi dire «potete toccare la macchina»; il Kers carica energia, non si può rischiare che qualcuno prenda la scossa.

Ore 8.16: dopo il primo giro la macchina torna ai box. Alcuni pannelli impediscono a occhi indiscreti di vedere la F60 nuda, e soprattutto dove i meccanici stanno mettendo le mani. Per gli imbucati è impossibile capire cosa fanno quasi quanto quello che dicono: parlano un linguaggio fatto di «Petronilla», «Grande fratello», «cane» e altri termini strani. Serve un traduttore, recuperiamo il migliore: Modesto Menabue detto Moddi, tecnico motorista, colui che ha vergato il dizionario italiano-maranellese. «La Petronilla è la macchina dell’acqua, il Grande fratello la casa degli attrezzi e il cane è un compressore: la prima volta che l’abbiamo usato, in Sudafrica, si era messo a saltellare. L’abbiamo dovuto legare a un palo ed è stato battezzato così...».

Ore 10.27: l’avvio di giornata richiede più modifiche delle previsioni. «Quanto tempo ho?», chiede un meccanico. «Venti minuti». «Non ce la faccio a sostituirlo ». Così prende in mano un nastro adesivo argento in grado di reggere anche 30 kg e ci avvolge un pezzo interno: riparazione provvisoria. Kimi è pronto a uscire per la terza volta. Il senso di quello che succede lo spiega Rob Smedley, l’ingegnere di pista di Massa. «Abbiamo una lista di cose specifiche che dobbiamo testare per ogni parte della macchina: elettronica, motore, telaio, aerodinamica, freni. Di alcune di queste verifichiamo l’affidabilità, perché devono durare mille km; altre vanno provate per valutare la loro performance. Ogni giorno dobbiamo percorrere almeno 600 km».

Ore 11.21: tra un’uscita e l’altra il lavoro è frenetico, Kimi ne approfitta per bere, parlare con gli ingegneri o stiracchiarsi. Prima di andare in pista, Stella gli spiega il senso della prossima serie di giri (al mattino non più di 6-7 per volta): nomina distribuzione dei pesi, freni, ala anteriore e posteriore, gomme. Ma non bisogna esagerare perché Raikkonen non è solo uno che parla poco, è anche uno che non ama ricevere troppe istruzioni: «Non dirmi cose inutili - si sente in cuffia - solo l’essenziale!». A ogni giro, Kimi fa qualche commento: «Va meglio alla curva 1», oppure «Frenata più difficile nella 10». Andrea è tranquillizzante: «Capito, grazie». Parlare molto non sarebbe produttivo. «Per la mia esperienza, non devi dire troppe cose al pilota», spiega Smedley. «Lui non sa esattamente quello che stiamo testando, solo quello che ci aspettiamo: meno informazioni dai e più informazioni avrai».

Ore 12: arrivano «i vampiri», così si chiamano i meccanici del turno di notte. Sono pronti per dare il cambio ai compagni durante la pausa pranzo. Alle 12.30 la pista chiude. Ma il lavoro ai box non si può interrompere.

Ore 13.30: nel pomeriggio i vampiri si dedicano a operazioni di contorno, mentre sulla macchina continua a lavorare la squadra del mattino. Si ricomincia: serie di giri sempre più lunghe, prove di gomme, simulazioni di pit stop, test con vari livelli di benzina. Dopo ogni uscita, ciascun ingegnere controlla grafici incomprensibili a noi umani e verifica com’è andata l’area di cui è competente, poi trasferisce le informazioni a Stella che ne fa una sintesi e ordina le modifiche alla vettura. È la parte più stressante per i meccanici («Bisogna fare le cose in fretta e bene») e per i tecnici che, a dispetto delle tabelle, si affidano spesso all’intuito: «Per prendere decisioni al 60% usi l’esperienza e per il 40 ti basi sui dati».

Ore 17: il buio incombe, la pista chiude. Ma la giornata non è conclusa. I meccanici iniziano la revisione di tutta la macchina. Gli ingegneri hanno una montagna di dati da analizzare: ogni giro si è trasformato in numeri. Prima, c’è tempo per i cinque minuti più pesanti per Raikkonen: le interviste con i giornalisti.

Ore 17.30: ma l’interrogatorio vero, che gli ingegneri chiamano debriefing, arriva dopo. Kimi deve rispondere a un fuoco di fila di domande dettagliatissime. Le sue istruzioni sono fondamentali. Dopo circa mezz’ora è un uomo libero. Gli ingegneri restano. E cominciano a studiare: devono decidere come preparare la macchina per il giorno successivo.

Ore 21: il buio è assoluto, l’aria fredda, l’atmosfera tranquilla. Ma tutti sono ancora al lavoro. I meccanici hanno ricevuto dagli ingegneri una lunga lista con le richieste per il giorno dopo. Se non ci sono drammi (altrimenti detti «gatti», o «gatti panici» a seconda dell’intensità) verso le 22 la squadra 1 si prepara a lasciare la pista.

Ore 1: di regola, anche se la giornata è stata difficile, gli ingegneri non vorrebbero fermarsi in pista oltre l’una. «Perché il giorno dopo devi essere bello sveglio!», ripete un disperato Smedley.

Ore 4: è quasi mattina quando sulla F60 viene messa una copertina rossa. Anche i vampiri lasciano il circuito. Ma, in albergo, è già suonata la sveglia per i gommisti. Tutto sta per ricominciare. L’Australia, per fortuna, è vicina.

Arianna Ravelli

Da Corriere.it

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