«Raikkonen per me non ha segreti Lo riporterò in alto»

by - 3/15/2009 10:01:00 p.m.

SAKHIR - Quando due anni fa Kimi Raikkonen è sceso in pista a Melbourne per disputare la sua prima gara con la Ferrari (poi vinta), prima del trionfo, nei box si sono vissuti momenti di autentico panico. All'insegna del «Che diavolo sta dicendo?». Capire i sussurri di Raikkonen in cuffia è ancora un esercizio arduo, all'epoca poi nessuno era abituato. Per di più, la radio non funzionava a dovere, il pilota poteva parlare con i box, ma dai box non potevano parlare con il pilota. A un certo punto, un giovane ingegnere, che di Kimi era il veicolista, ha alzato la mano: «Scusate, secondo me sta dicendo che vuole le bandiere blu per i doppiati!». Salvatore della patria. Da allora è il massimo esperto «kimologo» in circolazione. Non solo lo capisce sempre quando parla, ma pare avere libera cittadinanza sul misterioso pianeta Raikkonen. Non è un caso che quel giovane - che poi si chiama Andrea Stella, ha 37 anni, una laurea in Ingegneria aeronautica, è nato a Orvieto, è sposato con Michela ed è il papà di Edoardo e Federico -, sia oggi l'ingegnere di pista del pilota finlandese, ovvero il punto di collegamento tra lui e il resto della squadra. Ha preso il posto di Chris Dyer, promosso al ruolo di coordinatore degli ingegneri. «Non è solo una questione linguistica o di capacità interpretative - spiega Andrea -. È che quando sei davanti al computer è come se fossi in macchina con il pilota, sei sempre “contestualizzato'” e dunque immagini di cosa lui ti stia parlando». Ora Stella è solo un po' più in prima linea, ma non è che negli anni scorsi avesse un ruolo defilato: «Ero già l'interfaccia tra il pilota e i dati che lo riguardavano. Il performance engineer, o ingegnere veicolista, sta davanti alla telemetria e ha come compito quello di migliorare le prestazioni di ogni aspetto della vettura: analizza una curva e dice al pilota come farla meglio, così per le gomme, o il freno motore. Adesso il mio ruolo è un po' meno analitico, ma riguarda più la gestione del gruppo». Ora Stella è il punto terminale del lavoro di tutto il box di Kimi: «Devo coordinare gli altri: gestire le persone, gestire i tempi (per esempio durante i test fissare il programma della giornata), scegliere le priorità, studiare i regolamenti. E poi, in gara, gestire il pilota. Lo scopo è metterlo nelle condizioni di guidare in modo naturale». E qui si ritorna a Kimi. L'oggetto misterioso della F1 non ha segreti per lui. «Kimi ama l'essenzialità dell' informazione. E comunque più la comunicazione visiva che quella orale. Con lui fare tre ore di riunioni non paga. Meglio mettergli davanti un foglio con uno schema e un messaggio chiaro, magari evidenziato con un bel colore». Non è Schumacher, insomma, che mentre testava la macchina teneva lunghissime disquisizioni tecniche: «Michael amava impostare le scelte su criteri logico-deduttivi. Kimi ha un approccio più intuitivo, basato sui suoi convincimenti o percezioni. Questo da un punto di vista comunicativo è un po' meno efficace...». Stella è un tipo calmo, non ama perdere il controllo. «Le scenate non mi piacciono». Parla in modo pacato e chiaro, come si addice a un ingegnere che però vuole farsi capire. Dopo aver ascoltato Kimi in cuffia gli risponde sempre in modo rassicurante: «Ok, ho capito. Grazie». Il volto scavato sotto ai riccioli, però, tradisce un po' di tensione. Si sente la responsabilità di dover riscattare un anno andato storto? «Come si fa a dire che non si sente? - è la sua risposta sincera -. C'è l'ambiente, ci sono molti cambiamenti che te lo ricordano. Ma basta concentrarsi sul proprio lavoro, non ho la necessità di pensare più in grande adesso. Devo solo cercare di mettere Kimi nelle condizioni migliori». E magari l'ultima gara sarà lui a dire «per un punto!» come urlò Dyer nel 2007. «Mi basterebbe dirgli che abbiamo fatto un ottimo lavoro».

Arianna Ravelli

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